Aggiornamento sulla situazione in Repubblica Democratica del Congo

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) da diversi decenni vive una situazione drammatica, caratterizzata da violenze diffuse e instabilità. Il paese, specialmente nell’area nord-orientale, conta circa 120 diversi gruppi armati. Tra questi, il gruppo M23 (abbreviazione dal francese Mouvement du 23 mars) è un gruppo, secondo l’ONU supportato dal Ruanda, che dal 2012 è stato molto rilevante per le sue attività violente all’interno della RDC. Il gruppo, prevalentemente costituito da guerriglieri tutsi, ha agito e agisce contro il governo centrale congolese in quanto quest’ultimo non è ritenuto in grado o volenteroso di proteggere la popolazione tutsi sul proprio territorio.

Dopo una parziale ritirata e inattività del gruppo M23, a partire dal 2017 M23 ha ripreso i suoi attacchi in RDC, aumentando intensità e frequenza nel corso del 2022, soprattutto nelle province nord-orientali del Nord Kivu e Ituri, causando nuovi pesanti scontri con le Forze Armate Congolesi (FARDC).
Le ripercussioni sulla popolazione sono state di ampia portata, sia per il numero di vittime civili del conflitto, sia per il numero elevato di persone costrette ad abbandonare quelle zone e ad emigrare nei paesi vicini. Solo tra gennaio-ottobre 2022 si contano più di 2.446 vittime nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri  (HRW, 2023). Decisamente più elevato invece risulta il numero di persone costrette ad abbandonare quelle zone e ad emigrare nei paesi vicini: circa 5,6 milioni di persone sono state sfollate in tutto il paese a luglio 2022, con più di 1,6 milioni nell’Ituri e più di 1,8 milioni nelle sole province del Nord-Kivu, secondo le Nazioni Unite (HRW, 2023).

Oltre un milione di rifugiati e richiedenti asilo congolesi sono ospitati in tutto il continente africano, di cui circa la metà in Uganda (479.400), Burundi (87.500), Repubblica Unita di Tanzania (80.000), Ruanda (72.200), Zambia (52.100), Repubblica del Congo (28.600) e Angola (23.200).

L’Uganda, oltre ad ospitare il più alto numero di congolesi è anche il paese con più alto numero di rifugiati in assoluto al mondo, che vengono gestiti con una politica di accoglienza considerata modello a livello internazionale in quanto una tra le più aperte al mondo. Infatti, i rifugiati in Uganda godono del diritto di accedere a servizi essenziali, come istruzione e servizi sanitari, al pari della popolazione locale, di lavorare e intraprendere attività imprenditoriali, spesso ricevendo un appezzamento di terra a scopo abitativo e per l’avvio di attività agricole di sussistenza, e di spostarsi sul territorio nazionale. Il punto focale della politica di accoglienza ugandese sono i Refugee Settlements, situati principalmente nella regione nord-occidentale del paese del West Nile. I Refugee Settlements si distinguono dai campi in quanto più aperti e strutturati come veri e propri villaggi, con mercati e servizi. Tuttavia, con l’intensificarsi degli arrivi di rifugiati e richiedenti asilo, i Refugee Settlements hanno raggiunto o superato la capacità massima e i servizi di base disponibili, come l’assistenza sanitaria, l’acqua e i servizi igienici, sono al limite o troppo costosi. Ad aggravare la situazione, l’insicurezza alimentare è in crescita per un numero sempre maggiore di persone, che sempre più faticano a permettersi i beni di prima necessità a causa dell’aumento dei prezzi legato all’impatto del conflitto in Ucraina.

Solo nel periodo gennaio-metà febbraio 2023 in Uganda si sono registrati più di 5.000 arrivi provenienti dalla RDC, che si vanno a sommare ai circa 98.000 del 2022, portando ora la cifra di rifugiati congolesi in Uganda a quasi mezzo milione di persone. I distretti ugandesi che hanno ricevuto e ricevono maggiormente i rifugiati congolesi sono i distretti di Kikuube E Kisoro, nella regione occidentale dell’Uganda.

Figura 1 Numero di arrivi in Uganda dai paesi limitrofi. Periodo: gennaio 2022 – febbraio 2023. Fonte: UNHCR (https://data.unhcr.org/en/dataviz/68?sv=0&geo=220)

Le autorità congolesi stanno affrontando con serie difficoltà la minaccia posta da M23 e dagli altri gruppi armati, come ad esempio le Forze Democratiche Alleate (gruppo di combattenti affiliato all’ISIS in Centrafrica e considerato uno dei più sanguinari in Africa).

Per supportare la risposta della RDC, i sette paesi che costituiscono la Comunità dell’Africa Orientale (EAC), comunità economica a cui la RDC ha aderito nell’aprile 2022, hanno deciso istituire una forza regionale per combattere i gruppi armati operanti in RDC orientale. Tale forza ha cominciato a dispiegarsi nell’agosto 2022 e si affianca alla già presente da circa 23 anni missione di pace delle Nazioni Unite conosciuta come MONUSCO, la quale è stata però ripetutamente criticata perché non in grado di proteggere i civili e di fermare i massacri.

Per tentare di far terminare gli scontri sono state lanciate due iniziative di pace regionali. La prima guidata dal presidente angolano João Lourenço a nome dell’Unione Africana (UA), nell’ambito della quale il 23 novembre 2022 è stata concordata una cessazione delle ostilità tra le forze congolesi e l’M23 durante un mini-summit a Luanda, che sarebbe dovuto entrare in vigore il 25 novembre 2022. Tuttavia, poiché l’M23 non è stato coinvolto in questo accordo, non si è avuto l’esito sperato.

La seconda è stata guidata dall’ex presidente keniota Uhuru Kenyatta a Nairobi tra aprile e dicembre 2022, a nome della EAC. Questa serie di colloqui ha portato al tavolo dei negoziati il governo congolese e diversi gruppi armati, con anche la partecipazione dei presidenti dell’Uganda e del Ruanda. A questi colloqui non ha voluto partecipare il gruppo M23 e pertanto il Processo di Nairobi sembra essersi concluso con un nulla di fatto, facendo presagire la continuazione degli attacchi e degli scontri e soprattutto delle terribili ripercussioni sulla popolazione congolese, costretta a subirne le conseguenze e ad emigrare nei paesi vicini, primo fra tutti l’Uganda.

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